... ed io la voglio scrivere alla mia lavatrice.
Mia cara,
mia fedele, amata amica, perchè??? perchè mi hai fatto questo???
Non un'avvisaglia, un cedimento, un piccolo segno di allarme per farmelo capire.
Ecco che una mattina così, su quattro piedini, hai deciso di abbandonarmi e di lasciarmi in un mare di guai - meglio in un mare di panni sporchi - che attendevano là, fiduciosi e ansiosi di essere girati e rivoltati, sciacquati e centrifugati senza pietà come solo tu sapevi fare in quel mare profumato di detersivi, disinfettanti, sbiancanti e ammorbidenti assortiti.
Vero: stavolta avevo esagerato ... un carico di accappatoi, asciugamani, teli, tutti insieme, stipati, inzeppati là dentro. Forse era un po' troppo.
Lo ammetto: i miei esperimenti coi detersivi stavano superando ogni limite. Il rischio di una intossicazione da esalazioni era in agguato ogni qualvolta cercavo l'intruglio perfetto nel miscuglio di polveri, liquidi. gel e tabs in dosi e proporzioni sempre diverse. Ma tu lo sapevi che la nostra mission era il pulito perfetto, la crociata contro la patacca, lo sterminio del subdolo germe.
Giusto: giorno e notte, con quel timer a cui hai sempre obbedito, non ti davo requie. E bianchi, e scuri, e delicati, e con centrifuga, e senza, e l'ammollo e il doppio risciacquo e l'antipiega e lo stiro facile...
Mi pento, mi pento, mi pento.
Perchè ti ho trattata così? Quant'è vero, quant'è vero!! Come sempre, il valore di cio' che si ha si capisce quando ormai lo si è perso, ahimè misera e tapina.
E così un sabato mattina, pecoroni sulla vasca da bagno tra secchio e bagnarola, tutta trafelata insapono, strofino, strizzo e sciacquetto cercando di finire al meglio lo sporco lavoro che mi hai lasciato a metà.
Lacrime di coccodrillo scorrono copiose guardando la traboccante, multicolorata, cesta di lavoro che ancora mi attende.